Siamo tornati, non eravamo in ferie ma solo problemi con il nostro blog, da oggi si ricontinua; se qualcuno vuole scrivere si prega di inviarci il testo. C'era una volta un re che aveva una figlia ammirata da tutti per la sua bellezza e bontà.
Molti venivano a offrirle gioielli, stoffe preziose, noci di kola, sperando d'averla come sposa. Ma la giovane non sapeva decidersi.
- A chi mi concederai? - chiese a suo padre.
- Non so - disse il padre - Lascio scegliere a te: sono sicuro che tu, giudiziosa come sei, farai la scelta migliore.
- Facciamo così - propose la giovane - Tu fai sapere che sono stata morsa da un serpente velenoso e sono morta. I membri della famiglia reale prenderanno il lutto. Suoneranno i tam-tam dei funerali e cominceranno le danze funebri. Vedremo cosa succederà.
Il re, sorpreso e un po' controvoglia, accettò.
La triste notizia si diffuse come un fulmine. Nei villaggi fu un gran parlare sommesso, spari di fucile rintronavano in segno di dolore, mentre le donne anziane, alla porta della stanza mortuaria, sgranavano le loro tristi melopee. Ed ecco arrivare anche i pretendenti della principessa. Si presentarono al re e pretesero la restituzione dei beni donati.
- Giacché tua figlia è morta, rendimi i miei gioielli, le stoffe preziose, le noci di kola.
Il re accontentò tutti, nauseato da un simile comportamento. Capì allora quanto sua figlia fosse prudente.
Per ultimo si presentò un giovanotto, povero, come appariva dagli abiti dimessi che indossava.
Con le lacrime agli occhi egli disse:
- O re, ho sentito la dolorosa notizia e non so come rassegnarmi. Porto queste stoffe per colei che tanto amavo segretamente. Non mi ritenevo degno di lei. Desidero che anche nella tomba lei sia sempre la più bella di tutte. Metti accanto a lei anche queste noci di kola perché le diano forza nel grande viaggio.
Il re fu commosso fino al profondo del cuore. Si presentò alla folla, fece tacere ogni clamore e annunciò a gran voce:
- Vi do una grande notizia: mia figlia non è morta. Ha voluto mettere alla prova l'amore dei suoi pretendenti. Ora so chi ama davvero e profondamente mia figlia. E' questo giovane! E' povero ma sincero.
Dopo qualche tempo si celebrarono le nozze con la più bella festa mai vista a memoria d'uomo.
I vecchi pretendenti non c'erano e non si fecero più vedere.
Massimo Amici di Bedanda
Missione Bedanda Guinea Bissau
Noi siamo gli "Amici di Bedanda" della provincia di Venezia e Treviso molti già volontari in missione in Guinea Bissau, il nostro intento è di creare una catena di solidarietà assieme alle Suore Francescane di Cristo Re, presenti a Bedanda dal gennaio del 1986. Fin dall'inizio le suore si sono impegnate nei due settori più dimenticati e, senza i quali, non ci può essere sviluppo e crescita di un popolo: SALUTE e ISTRUZIONE. Noi vogliamo realizzare alcuni progetti con l'aiuto di tutti.
giovedì 30 giugno 2011
venerdì 20 maggio 2011
STORIE D'AFRICA................

Favola Prova d'amore
Fiabe e favole africane per bambini.
Il racconto etnico africano: Prova d'amore
C'era una volta un re che aveva una figlia ammirata da tutti per la sua bellezza e bontà.Molti venivano a offrirle gioielli, stoffe preziose, noci di kola, sperando d'averla come sposa. Ma la giovane non sapeva decidersi.
- A chi mi concederai? - chiese a suo padre.
- Non so - disse il padre - Lascio scegliere a te: sono sicuro che tu, giudiziosa come sei, farai la scelta migliore.
- Facciamo così - propose la giovane - Tu fai sapere che sono stata morsa da un serpente velenoso e sono morta. I membri della famiglia reale prenderanno il lutto. Suoneranno i tam-tam dei funerali e cominceranno le danze funebri. Vedremo cosa succederà.
Il re, sorpreso e un po' controvoglia, accettò.
La triste notizia si diffuse come un fulmine. Nei villaggi fu un gran parlare sommesso, spari di fucile rintronavano in segno di dolore, mentre le donne anziane, alla porta della stanza mortuaria, sgranavano le loro tristi melopee. Ed ecco arrivare anche i pretendenti della principessa. Si presentarono al re e pretesero la restituzione dei beni donati.
- Giacché tua figlia è morta, rendimi i miei gioielli, le stoffe preziose, le noci di kola.
Il re accontentò tutti, nauseato da un simile comportamento. Capì allora quanto sua figlia fosse prudente.
Per ultimo si presentò un giovanotto, povero, come appariva dagli abiti dimessi che indossava.
Con le lacrime agli occhi egli disse:
- O re, ho sentito la dolorosa notizia e non so come rassegnarmi. Porto queste stoffe per colei che tanto amavo segretamente. Non mi ritenevo degno di lei. Desidero che anche nella tomba lei sia sempre la più bella di tutte. Metti accanto a lei anche queste noci di kola perché le diano forza nel grande viaggio.
Il re fu commosso fino al profondo del cuore. Si presentò alla folla, fece tacere ogni clamore e annunciò a gran voce:
- Vi do una grande notizia: mia figlia non è morta. Ha voluto mettere alla prova l'amore dei suoi pretendenti. Ora so chi ama davvero e profondamente mia figlia. E' questo giovane! E' povero ma sincero.
Dopo qualche tempo si celebrarono le nozze con la più bella festa mai vista a memoria d'uomo.
I vecchi pretendenti non c'erano e non si fecero più vedere.
Massimo "amici di Bedanda"
martedì 3 maggio 2011
VOLONTARI?SI GRAZIE
CARI AMICI DI FACEBOOK AVRETE NOTATO SULLA VOSTRA PAGINA UNA PUBBLICITA' PER DIVENTARE "VOLONTARI MENAGER"..........RIDO A QUESTA NOTIZIA MA SONO ANCHE INCAZZATISSIMO PER QUESTO ANNUNCIO.
MENAGER VOLONTARIO????MA CHE SIGNIFICA????FORSE UN CENTRO A PAGAMENTO?? MA PER DIVENTARE COSA????FORSE QUALCHE ALTRA TROVATA PER SPILLARE SOLDI PER PRESUNTI CORSI DI FORMAZIONE????VUOI ESSERE VOLONTARIO????......BENE......FATTI IL BIGLIETTO AEREO VIENI IN AFRICA IN GUINEA BISSAU...........NON SERVE NULLA...........SOLO LAVORARE E AIUTARE. ALZARSI ALLA MATTINA PREPAPRARE LA COLAZIONE AI BAMBINI......LAVARLI.....GIOCARE CON LORO.....SORRIDERE......BACIARE......EDUCARLI.......NON SERVONO CORSI DI FORMAZIONE.................SERVE SOLO METTERE LA PROPRIA VITA E TEMPO AL SERVIZIO DI CHI HA BISOGNO.
DI MENAGER IL MONDO E' STRACOLMO............DI VOLONTARI INVECE CE NE SONO ANCORA POCHI
Massimo "Cercu Iabri"
MENAGER VOLONTARIO????MA CHE SIGNIFICA????FORSE UN CENTRO A PAGAMENTO?? MA PER DIVENTARE COSA????FORSE QUALCHE ALTRA TROVATA PER SPILLARE SOLDI PER PRESUNTI CORSI DI FORMAZIONE????VUOI ESSERE VOLONTARIO????......BENE......FATTI IL BIGLIETTO AEREO VIENI IN AFRICA IN GUINEA BISSAU...........NON SERVE NULLA...........SOLO LAVORARE E AIUTARE. ALZARSI ALLA MATTINA PREPAPRARE LA COLAZIONE AI BAMBINI......LAVARLI.....GIOCARE CON LORO.....SORRIDERE......BACIARE......EDUCARLI.......NON SERVONO CORSI DI FORMAZIONE.................SERVE SOLO METTERE LA PROPRIA VITA E TEMPO AL SERVIZIO DI CHI HA BISOGNO.
DI MENAGER IL MONDO E' STRACOLMO............DI VOLONTARI INVECE CE NE SONO ANCORA POCHI
Massimo "Cercu Iabri"
sabato 23 aprile 2011
.............AFRICA CULLA DELL'UMANITA'
BUONA PASQUA A TUTTI !!!!!
La ricostruzione storica dell’Africa incontra l’ostacolo delle fonti scritte essendo il popolo africano caratteristico della “civiltà della parola”. In molte parti del continente, soprattutto nella cosiddetta “Africa nera” (a sud del Sahara ), i primi scritti appaiono soltanto con l’arrivo degli arabi, per raddoppiarsi poi con la presenza degli europei. Ad ogni modo nonostante la mancanza di fonti scritte anche l’Africa ha ricostruito la sua storia tramandandola nei racconti orali e mantenendola nella memoria collettiva attraverso l’esperienza umana dei suoi abitanti.L’Africa è considerata oggi senza alcun dubbio la “culla dell’umanità” essendo stata abitata già 6 millenni prima di Cristo, ma l’ambiente ostile allo sviluppo dell’agricoltura, la bassa resa dei suoli, le grandi distanze, la povertà e l’arretratezza dei mezzi di trasporto sono state difficoltà che sin da subito hanno mantenuto il continente africano in una posizione di sottosviluppo rispetto al resto del mondo. Spesso le difficoltà legate al clima e all’ambiente sono state poste alla base delle giustificazioni con le quali si è cercato di spiegare le cause dell’inferiorità economica e culturale del paese. Alla scarsezza dell’acqua e ai problemi legati al clima si aggiunse la povertà del suolo che non bastava per il sostentamento della popolazione costretta a continui spostamenti.
I primi abitanti del continente furono pastori e agricoltori che occuparono diversi tipi di habitat formando delle società semplici. Una delle caratteristiche dell’Africa è quella che, a differenza di quanto avvenne nelle altre parti del mondo, la pastorizia ha preceduto l’agricoltura, che è nata molto più tardi e spesso ad integrazione dell’allevamento; inoltre l’agricoltura in Africa, ad eccezione dell’ Egitto e del Maghreb, si è sempre basata sulla produzione di cereali non ad alta resa.
L’espansione delle popolazioni bantu mostra come anche in Africa ci sia stato un avanzamento degli agricoltori a scapito dei cacciatori. Ad ogni modo, sia l’agricoltura, sia la pastorizia sono sempre state a rischio viste le numerose e frequenti malattie che colpivano l’uomo e il bestiame; di fronte a queste difficoltà molte popolazioni si sono estinte senza lasciare significative tracce.
In alcune aree del continente, almeno fino al 1500, si è spesso creato tra pastori e agricoltori un sistema di scambi e sinergie che ha permesso loro di sopravvivere.
In Africa molte vie commerciali, quali quelle attraverso il Sahara o quelle sulle coste orientali (mar Rosso), erano attive già da tempi molto antichi e vennero poi intensificate sia con l’introduzione del cammello che con l’arrivo degli arabi. Il commercio di quegli anni riguardava principalmente il sale, l’oro e gli schiavi.
Sulle coste dell’Africa nacquero delle vere e proprie città-stato in cui convivevano elementi indigeni e arabi, dall’incontro dei quali ebbero origine alcune culture, una fra tutte quella swahili.
Alla luce di quanto detto, l’Africa, già prima dell’arrivo degli europei, era inserita in un complesso sistema commerciale che abbracciava anche gli stati europei, quelli arabi e quelli del lontano Oriente. Come dimostrarono poi le vicende che coinvolsero i paesi africani negli anni, fu proprio la presenza nel continente di beni pregiati ad alimentare l’esplorazione, il controllo e lo sfruttamento dei territori africani da parte degli europei.
Accanto a molte società rette da capi, l’Africa conobbe anche un’ampia gamma di stati precoloniali. L’ Egitto , ad esempio, per tutto questo primo periodo della storia africana, è stato molto ambito tanto da dover subire diverse dominazioni senza però mai perdere la sua forma di stato centralizzato; una sua diretta filiazione può essere considerato lo stato di Kush e il regno di Assum, le cui vicende dinastiche portarono alla formazione del regno etiopico.
Dopo la nascita dell’Islam, sorsero un’altra vasta gamma di stati africani di derivazione araba: i sultanati del Maghreb, l’Egitto arabo, le città-stato swahili.
Per quanto riguarda invece gli stati dell’Africa subsahariana è possibile distinguere varie tipologie e raggruppamenti; mentre nell’Africa occidentale le forme statali più antiche risalgono al 400 d.C.
Nell’Africa centrale, i primi regni nascono tra il 1300 e il 1400 d.C. e alcuni sopravvivono fino all’arrivo degli europei. L’Africa meridionale adotta invece il sistema della società stratificata e statale tra il 650 e 900 d.C.
Gli stati dell’Africa centrale e meridionale, rispetto a quelli dell’Africa occidentale, non hanno quasi rapporti con il mondo musulmano.
L’arrivo degli europei ebbe delle conseguenze spesso disastrose sia sulle popolazioni sia sul territorio, con loro si assiste allo sviluppo delle guerre di razzia. Uomini di origine africana venivano prelevati dai loro sistemi sociali semplici per essere venduti come schiavi all’interno delle maggiori direttrici di traffici del continente; questo fenomeno incentivò e sviluppò i conflitti tra popolazioni diverse e contro le etnie più deboli economicamente e meno protette dalla loro organizzazione sociale. La presenza degli europei modificò il carattere di queste guerre.
Gli schiavi venivano venduti per lo più nel mondo arabo ma erano anche utilizzati in altre realtà africane.
Il commercio degli schiavi assunse una dimensione triangolare che per oltre tre secoli coinvolse tre diversi continenti: l’Europa forniva ai capi africani tessuti, acquavite e armi da fuoco; l’Africa schiavi all’America; e quest’ultima metalli preziosi, materie prime e prodotti coloniali all’Europa. Per tre secoli la tratta degli schiavi fornì all’Europa il necessario accumulo di capitale grazie al quale larghi strati della sua popolazione riuscirono a raggiungere un elevato tenore di vita. Agli inizi dell’800 emersero vari fenomeni che condussero alla progressiva abolizione della schiavitù; uno di questi fu la diffusione degli ideali trasmessi dalla civiltà dei Lumi. La prima nazione a mettere in atto il bando fu l’Inghilterra (1807) seguita dagli Stati Uniti (1808), dall’Olanda (1814) e dalla Francia (1817). Oltre alla diffusione di nuovi ideali contribuirono anche motivi economici.
Il commercio degli schiavi coinvolse inoltre arie amplissime dell’entroterra, aumentando la frequenza di guerre e l’uso di violenza e sopraffazione. La maggior parte delle società semplici scomparvero in seguito alle guerre tra gli stati che perseguivano fini espansionistici; la presenza degli europei produsse il genocidio di alcune popolazioni. Nello stesso periodo nacque una nuova identità etnica basata sul conflitto e sull’individuazione degli “altri” come ostili. Questo diffuso stato di violenza venne incentivato e sostenuto dagli europei che si preparavano alla conquista del territorio, giustificata con la necessità di portare forme di civiltà più avanzata al popolo selvaggio africano.
L’Africa divenne così il territorio dove le potenze europee si confrontavano per dare prova della loro forza economica; colonizzare l’Africa diventava una vera e propria missione.
Nel 1869 venne completato il canale di Suez e questo segnò una svolta accelerante della tensione tra Gran Bretagna e Francia aggravata in seguito dall’entrata in scena del Belgio e della Germania.
La conferenza di Bruxelles, convocata da Leopoldo II nel 1876, diede il via alla spartizione dell’Africa che avvenne però in modo disordinato e rapido.
Di fronte all’aggressività europea gli stati africani cercarono di resistere ma in modo debole, tanto da lasciare spazio a forme di collaborazione messe in atto da ristrette élite locali che arrivarono a chiedere alle nazioni occupanti aiuto e protezione contro i nemici interni.
In concomitanza con l’occupazione europea si abbatté sulle popolazioni africane una catastrofe ecologica che produsse impoverimento, carestia, siccità ed epidemie.
Nella zona dell’Africa occidentale l’antagonismo anglo-francese coinvolse e sconvolse le società africane. Alla vigilia della prima guerra mondiale la nuova geopolitica dell’Africa occidentale era la seguente: Senegal , Costa d’Avorio , Guinea , Mauritania , Alto Volta, Niger , Dahomey, Ciad, parte del Congo si trovavano sotto la dominazione francese; Gambia, Sierra Leone, Costa d’Oro, Nigeria diventavano colonie inglesi; Togo e Camerun erano colonie tedesche. L’unico stato a rimanere indipendente era la Liberia che venne proclamata repubblica indipendente nel 1847.
Per quanto riguarda l’Africa orientale, fino al 1884, non risultò esserci stato nessun insediamento europeo, tranne per quanto riguarda il Mozambico occupato sin dal XVI secolo dal Portogallo e, il Madagascar a cui era interessata la Francia.
Nell’Africa centrale si assistette invece ad un brutale sfruttamento delle popolazioni locali impiegate nella produzione della gomma naturale importante per la produzione di pneumatici.
L’Africa Meridionale, ricca di risorse minerarie, attirò una forte emigrazione di coloni tedeschi che ad ogni modo incontrarono l’opposizione delle popolazioni di coltivatori e allevatori.
Il colonialismo africano può essere diviso in tre fasi: quella antecedente alla prima guerra mondiale durante la quale si assistette allo sfruttamento senza freni del territorio e della popolazione; con la prima guerra mondiale, le cose cambiarono poiché ci si pose il problema della legittimità stessa del colonialismo basato sullo sfruttamento delle popolazioni. In seguito all’intervento della Società delle Nazioni, che affermò il diritto dei popoli ad una espressione libera della loro sovranità, le potenze coloniali cominciarono a cercare uno scopo e una filosofia che avrebbe dovuto giustificare agli occhi del mondo i loro interventi nel Continente africano. L’ultima fase del dominio coloniale fu quella a ridosso della seconda guerra mondiale fino all’indipendenza della maggior parte degli stati africani. La guerra registrò un forte coinvolgimento non solo dei popoli africani ma anche del territorio stesso. Negli anni successivi al conflitto mondiale, le potenze europee intervennero in modo sempre più pressante nella storia e nelle vicende sociali delle colonie; si assistette ad una vera e propria invasione di personale tecnico europeo nel continente africano.
Dopo la guerra la Francia e la Gran Bretagna diedero vita ad una serie di riforme che avrebbero dovuto accelerare la modernizzazione dell’Africa avviando una decolonizzazione senza scosse. In questo periodo aumentò lo sfruttamento delle risorse presenti nel territorio africano. La nuova logica dei colonizzatori europei prevedeva da una parte, lo sfruttamento, dall’altra il coinvolgimento degli strati superiori della popolazione ai quali veniva data la possibilità di ricoprire ruoli politici e di poter usufruire dell’istruzione e della formazione offerta dagli stessi europei. Ad ogni modo fu proprio questa parte di popolazione “privilegiata” a rivoltarsi contro i colonizzatori, innescando il processo delle indipendenze. I leader nazionalisti erano tutti occidentalizzati e grazie alla formazione ricevuta al di fuori del loro continente avevano assorbito l’idea che il problema dell’Africa era il mancato aggancio alla modernità e al progresso, per questo si scagliarono contro le dinamiche dei villaggi basati sulle credenze e le superstizioni viste come ostacolo a ogni proposito di unità contro il nemico comune.
L’esperienza della guerra mondiale ebbe anche l’effetto di mostrare agli stessi africani che i bianchi non erano invincibili.
In varie parti dell’Africa si assistette al sorgere delle prime rivolte: in Sudafrica si verificarono i primi scioperi tra i minatori e gli addetti alla costruzione delle ferrovie, nell’Africa equatoriale francese si assistette poi alla rivolta di 350.000 Baya e in Egitto si consolidò anche ideologicamente il movimento nazionalista africano.
Dal punto di vista culturale si diffuse il movimento panafricano, che si sviluppò tra la popolazione nera degli Stati Uniti e dei Carabi.
L’aggressione nazista e fascista e la seconda guerra mondiale divennero poi delle vere e proprie scuole di internazionalismo e accelerarono le spinte anticolonialistiche.
La guerra quindi acculturò e addestrò i soldati neri che vennero impegnati sui vari fronti e mostrò la debolezza delle potenze coloniali che si dissanguarono vicendevolmente.
Contribuirono alla costruzione dei movimenti indipendentisti africani due avvenimenti diplomatico culturali.
Il primo fu l’incontro tra Roosevelt e Churchill del 1941 che condusse alla formulazione della Carta Atlantica nella quale venne fatto un preciso riferimento all’autodeterminazione delle colonie, alla libera circolazione delle merci e al libero accesso alle materie prime. Il secondo fu il Congresso Panafricano che si tenne a Manchester nel 1945 durante il quale i massimi esponenti del movimento approvarono un documento dal quale emerse la volontà del popolo africano di “essere libero”.
La fine della guerra e l’ultimo periodo coloniale consegnano agli africani una divisione in Stati che non aveva nulla a che vedere con una effettiva dimensione nazionale e culturale.
Il movimento indipendentista vide le prime indipendenze africane già negli anni ’50: Libia 1951, Marocco , Tunisia, Sudan, 1956, Ghana, 1957. Il 1960 fu l’anno dell’Africa: 17 paesi diventarono indipendenti in quell’anno e ottennero un seggio alle Nazioni Unite.
A questa prima ondata d’indipendenze fece seguito a partire dalla metà degli anni ’70 una seconda fase che si distinse dalla prima per le caratteristiche di lotta armata. Forti resistenze alla decolonizzazione si verificarono sia nelle colonie di popolamento europeo, dove la borghesia locale d’origine europea cercò di mantenere il regime di potere bianco contrastando così i movimenti nazionalisti africani, sia nelle colonie sottoposte al controllo del Portogallo il cui regime autoritario restò ai margini del processo di decolonizzazione.
La seconda indipendenza si caratterizzò anche per le caratteristiche di maggiore radicalità politica che esprimevano i movimenti per l’indipendenza i quali si definirono movimenti di liberazione nazionale, con le seguenti caratteristiche: la scelta di trasformazioni radicali dello Stato coloniale; il coinvolgimento diretto delle popolazioni nella guerra di liberazione; la scelta della lotta armata.
Tali guerre di liberazione si svilupparono in concomitanza con l’emergere nel continente di altri regimi a opzione socialista, fondati sulla creazione di partiti unici e su un forte intervento dello Stato nell’economia e nell’inquadramento statale. Questi paesi diedero vita ad un blocco di paesi africani che entrò in stretto contatto con l’Unione Sovietica, intensificando lo scontro Est-Ovest nel Continente e indebolendo inoltre il progetto di organizzazione continentale.
In realtà, le indipendenze africane mostrarono risultati molto deludenti sia per quanto riguarda la partecipazione politica e la ricerca del consenso sia per lo sviluppo dell’economia e dell’uguaglianza sociale.
Gli anni ’80 videro la crescita del livello di povertà e di crisi ambientali; le economia africane dovettero ricorrere sempre di più agli aiuti internazionali e ai Piani di aggiustamento Strutturale (PAS) che però colpivano soprattutto le spese sociali. Crebbe quindi il disagio sociale e l’instabilità politica che causò l’aumento dei flussi di profughi e rifugiati.
In questo scenario si affermarono negli anni ’90 i movimenti politici che esprimevano forme di nazionalismo e di regionalismo che rivendicano forme di autonomia regionale, il diritto alla secessione o all’indipendenza, alcuni di questi si fecero anche portavoce delle lotte per la redistribuzione delle scarse risorse e per il raggiungimento di forme diverse di democrazia e partecipazione. Ciò determinò l’intensificarsi della violenza armata e della lotta politica e il conseguente indebolimento delle strutture istituzionali dello Stato-nazione. Nacquero così Stati deboli che non riuscivano più ad assicurare alla maggioranza dei cittadini un lavoro, i servizi sociali, la pace, la sicurezza, il controllo dell’economia; dilagarono quindi la corruzione e il malgoverno.
Gli stati postcoloniali erano basati sull’obbedienza, sul management dell’economia e caratterizzati dalla fragilità istituzionale, dall’assenza di legittimazione e di senso d’appartenenza.
Tra la fine degli anni ’80 e gli inizi del 2000 si accumularono nel continente africano pressioni economiche e politiche, in particolare intorno alle concentrazioni di risorse minerarie (diamanti, coltan, petrolio) alle zone di più forte indigenza, marginalità e discriminazione (Corno d’Africa, Dar Fur, Etiopia , Eritrea) o di più consolidate appartenenze di tipo religioso (scontro Islam-Cristianità a sud del Sudan ) o etnico (scontro tra Hutu e Tutsi nel Ruanda; tra popolazioni ruandesi-nilotiche e popolazioni bantu nel Congo orientale; tra popolazioni semitiche e cuscitiche in Etiopia).
Le radici dei problemi dell’Africa contemporanea vanno quindi ricercati nell’eredità che il periodo coloniale lasciò, sia dal punto di vista economico sia da quello politico e sociale.
Il periodo coloniale ha distrutto le basi per un’economia africana autosufficiente, inoltre le leggi del mercato mondiale contribuiscono al paradosso per cui l’Africa esporta ricchezze e diventa sempre più povera. Dal punto di vista politico si sono affermate nuove dittature che vogliono costruire una nazione senza però tenere in considerazioni le differenze etniche che ancora esistono nei vari paesi africani. I rapporti sociali restano quindi più tesi e drammatici e le vicende degli ultimi anni ne sono una dimostrazione: il genocidio in Ruanda, la crisi nel Corno d’Africa e l’emergenza nel Darfur, senza considerare lo sfruttamento della popolazione e del territorio da parte delle multinazionali che generano ulteriori tensioni.
AMICI di BEDANDA
La ricostruzione storica dell’Africa incontra l’ostacolo delle fonti scritte essendo il popolo africano caratteristico della “civiltà della parola”. In molte parti del continente, soprattutto nella cosiddetta “Africa nera” (a sud del Sahara ), i primi scritti appaiono soltanto con l’arrivo degli arabi, per raddoppiarsi poi con la presenza degli europei. Ad ogni modo nonostante la mancanza di fonti scritte anche l’Africa ha ricostruito la sua storia tramandandola nei racconti orali e mantenendola nella memoria collettiva attraverso l’esperienza umana dei suoi abitanti.L’Africa è considerata oggi senza alcun dubbio la “culla dell’umanità” essendo stata abitata già 6 millenni prima di Cristo, ma l’ambiente ostile allo sviluppo dell’agricoltura, la bassa resa dei suoli, le grandi distanze, la povertà e l’arretratezza dei mezzi di trasporto sono state difficoltà che sin da subito hanno mantenuto il continente africano in una posizione di sottosviluppo rispetto al resto del mondo. Spesso le difficoltà legate al clima e all’ambiente sono state poste alla base delle giustificazioni con le quali si è cercato di spiegare le cause dell’inferiorità economica e culturale del paese. Alla scarsezza dell’acqua e ai problemi legati al clima si aggiunse la povertà del suolo che non bastava per il sostentamento della popolazione costretta a continui spostamenti.

L’espansione delle popolazioni bantu mostra come anche in Africa ci sia stato un avanzamento degli agricoltori a scapito dei cacciatori. Ad ogni modo, sia l’agricoltura, sia la pastorizia sono sempre state a rischio viste le numerose e frequenti malattie che colpivano l’uomo e il bestiame; di fronte a queste difficoltà molte popolazioni si sono estinte senza lasciare significative tracce.
In alcune aree del continente, almeno fino al 1500, si è spesso creato tra pastori e agricoltori un sistema di scambi e sinergie che ha permesso loro di sopravvivere.
In Africa molte vie commerciali, quali quelle attraverso il Sahara o quelle sulle coste orientali (mar Rosso), erano attive già da tempi molto antichi e vennero poi intensificate sia con l’introduzione del cammello che con l’arrivo degli arabi. Il commercio di quegli anni riguardava principalmente il sale, l’oro e gli schiavi.
Sulle coste dell’Africa nacquero delle vere e proprie città-stato in cui convivevano elementi indigeni e arabi, dall’incontro dei quali ebbero origine alcune culture, una fra tutte quella swahili.

Accanto a molte società rette da capi, l’Africa conobbe anche un’ampia gamma di stati precoloniali. L’ Egitto , ad esempio, per tutto questo primo periodo della storia africana, è stato molto ambito tanto da dover subire diverse dominazioni senza però mai perdere la sua forma di stato centralizzato; una sua diretta filiazione può essere considerato lo stato di Kush e il regno di Assum, le cui vicende dinastiche portarono alla formazione del regno etiopico.
Dopo la nascita dell’Islam, sorsero un’altra vasta gamma di stati africani di derivazione araba: i sultanati del Maghreb, l’Egitto arabo, le città-stato swahili.
Per quanto riguarda invece gli stati dell’Africa subsahariana è possibile distinguere varie tipologie e raggruppamenti; mentre nell’Africa occidentale le forme statali più antiche risalgono al 400 d.C.

Gli stati dell’Africa centrale e meridionale, rispetto a quelli dell’Africa occidentale, non hanno quasi rapporti con il mondo musulmano.
L’arrivo degli europei ebbe delle conseguenze spesso disastrose sia sulle popolazioni sia sul territorio, con loro si assiste allo sviluppo delle guerre di razzia. Uomini di origine africana venivano prelevati dai loro sistemi sociali semplici per essere venduti come schiavi all’interno delle maggiori direttrici di traffici del continente; questo fenomeno incentivò e sviluppò i conflitti tra popolazioni diverse e contro le etnie più deboli economicamente e meno protette dalla loro organizzazione sociale. La presenza degli europei modificò il carattere di queste guerre.
Gli schiavi venivano venduti per lo più nel mondo arabo ma erano anche utilizzati in altre realtà africane.
Il commercio degli schiavi assunse una dimensione triangolare che per oltre tre secoli coinvolse tre diversi continenti: l’Europa forniva ai capi africani tessuti, acquavite e armi da fuoco; l’Africa schiavi all’America; e quest’ultima metalli preziosi, materie prime e prodotti coloniali all’Europa. Per tre secoli la tratta degli schiavi fornì all’Europa il necessario accumulo di capitale grazie al quale larghi strati della sua popolazione riuscirono a raggiungere un elevato tenore di vita. Agli inizi dell’800 emersero vari fenomeni che condussero alla progressiva abolizione della schiavitù; uno di questi fu la diffusione degli ideali trasmessi dalla civiltà dei Lumi. La prima nazione a mettere in atto il bando fu l’Inghilterra (1807) seguita dagli Stati Uniti (1808), dall’Olanda (1814) e dalla Francia (1817). Oltre alla diffusione di nuovi ideali contribuirono anche motivi economici.

L’Africa divenne così il territorio dove le potenze europee si confrontavano per dare prova della loro forza economica; colonizzare l’Africa diventava una vera e propria missione.
Nel 1869 venne completato il canale di Suez e questo segnò una svolta accelerante della tensione tra Gran Bretagna e Francia aggravata in seguito dall’entrata in scena del Belgio e della Germania.
La conferenza di Bruxelles, convocata da Leopoldo II nel 1876, diede il via alla spartizione dell’Africa che avvenne però in modo disordinato e rapido.
Di fronte all’aggressività europea gli stati africani cercarono di resistere ma in modo debole, tanto da lasciare spazio a forme di collaborazione messe in atto da ristrette élite locali che arrivarono a chiedere alle nazioni occupanti aiuto e protezione contro i nemici interni.
In concomitanza con l’occupazione europea si abbatté sulle popolazioni africane una catastrofe ecologica che produsse impoverimento, carestia, siccità ed epidemie.
Nella zona dell’Africa occidentale l’antagonismo anglo-francese coinvolse e sconvolse le società africane. Alla vigilia della prima guerra mondiale la nuova geopolitica dell’Africa occidentale era la seguente: Senegal , Costa d’Avorio , Guinea , Mauritania , Alto Volta, Niger , Dahomey, Ciad, parte del Congo si trovavano sotto la dominazione francese; Gambia, Sierra Leone, Costa d’Oro, Nigeria diventavano colonie inglesi; Togo e Camerun erano colonie tedesche. L’unico stato a rimanere indipendente era la Liberia che venne proclamata repubblica indipendente nel 1847.

Nell’Africa centrale si assistette invece ad un brutale sfruttamento delle popolazioni locali impiegate nella produzione della gomma naturale importante per la produzione di pneumatici.
L’Africa Meridionale, ricca di risorse minerarie, attirò una forte emigrazione di coloni tedeschi che ad ogni modo incontrarono l’opposizione delle popolazioni di coltivatori e allevatori.
Il colonialismo africano può essere diviso in tre fasi: quella antecedente alla prima guerra mondiale durante la quale si assistette allo sfruttamento senza freni del territorio e della popolazione; con la prima guerra mondiale, le cose cambiarono poiché ci si pose il problema della legittimità stessa del colonialismo basato sullo sfruttamento delle popolazioni. In seguito all’intervento della Società delle Nazioni, che affermò il diritto dei popoli ad una espressione libera della loro sovranità, le potenze coloniali cominciarono a cercare uno scopo e una filosofia che avrebbe dovuto giustificare agli occhi del mondo i loro interventi nel Continente africano. L’ultima fase del dominio coloniale fu quella a ridosso della seconda guerra mondiale fino all’indipendenza della maggior parte degli stati africani. La guerra registrò un forte coinvolgimento non solo dei popoli africani ma anche del territorio stesso. Negli anni successivi al conflitto mondiale, le potenze europee intervennero in modo sempre più pressante nella storia e nelle vicende sociali delle colonie; si assistette ad una vera e propria invasione di personale tecnico europeo nel continente africano.
Dopo la guerra la Francia e la Gran Bretagna diedero vita ad una serie di riforme che avrebbero dovuto accelerare la modernizzazione dell’Africa avviando una decolonizzazione senza scosse. In questo periodo aumentò lo sfruttamento delle risorse presenti nel territorio africano. La nuova logica dei colonizzatori europei prevedeva da una parte, lo sfruttamento, dall’altra il coinvolgimento degli strati superiori della popolazione ai quali veniva data la possibilità di ricoprire ruoli politici e di poter usufruire dell’istruzione e della formazione offerta dagli stessi europei. Ad ogni modo fu proprio questa parte di popolazione “privilegiata” a rivoltarsi contro i colonizzatori, innescando il processo delle indipendenze. I leader nazionalisti erano tutti occidentalizzati e grazie alla formazione ricevuta al di fuori del loro continente avevano assorbito l’idea che il problema dell’Africa era il mancato aggancio alla modernità e al progresso, per questo si scagliarono contro le dinamiche dei villaggi basati sulle credenze e le superstizioni viste come ostacolo a ogni proposito di unità contro il nemico comune.
L’esperienza della guerra mondiale ebbe anche l’effetto di mostrare agli stessi africani che i bianchi non erano invincibili.
In varie parti dell’Africa si assistette al sorgere delle prime rivolte: in Sudafrica si verificarono i primi scioperi tra i minatori e gli addetti alla costruzione delle ferrovie, nell’Africa equatoriale francese si assistette poi alla rivolta di 350.000 Baya e in Egitto si consolidò anche ideologicamente il movimento nazionalista africano.

L’aggressione nazista e fascista e la seconda guerra mondiale divennero poi delle vere e proprie scuole di internazionalismo e accelerarono le spinte anticolonialistiche.
La guerra quindi acculturò e addestrò i soldati neri che vennero impegnati sui vari fronti e mostrò la debolezza delle potenze coloniali che si dissanguarono vicendevolmente.
Contribuirono alla costruzione dei movimenti indipendentisti africani due avvenimenti diplomatico culturali.
Il primo fu l’incontro tra Roosevelt e Churchill del 1941 che condusse alla formulazione della Carta Atlantica nella quale venne fatto un preciso riferimento all’autodeterminazione delle colonie, alla libera circolazione delle merci e al libero accesso alle materie prime. Il secondo fu il Congresso Panafricano che si tenne a Manchester nel 1945 durante il quale i massimi esponenti del movimento approvarono un documento dal quale emerse la volontà del popolo africano di “essere libero”.
La fine della guerra e l’ultimo periodo coloniale consegnano agli africani una divisione in Stati che non aveva nulla a che vedere con una effettiva dimensione nazionale e culturale.
Il movimento indipendentista vide le prime indipendenze africane già negli anni ’50: Libia 1951, Marocco , Tunisia, Sudan, 1956, Ghana, 1957. Il 1960 fu l’anno dell’Africa: 17 paesi diventarono indipendenti in quell’anno e ottennero un seggio alle Nazioni Unite.
A questa prima ondata d’indipendenze fece seguito a partire dalla metà degli anni ’70 una seconda fase che si distinse dalla prima per le caratteristiche di lotta armata. Forti resistenze alla decolonizzazione si verificarono sia nelle colonie di popolamento europeo, dove la borghesia locale d’origine europea cercò di mantenere il regime di potere bianco contrastando così i movimenti nazionalisti africani, sia nelle colonie sottoposte al controllo del Portogallo il cui regime autoritario restò ai margini del processo di decolonizzazione.
La seconda indipendenza si caratterizzò anche per le caratteristiche di maggiore radicalità politica che esprimevano i movimenti per l’indipendenza i quali si definirono movimenti di liberazione nazionale, con le seguenti caratteristiche: la scelta di trasformazioni radicali dello Stato coloniale; il coinvolgimento diretto delle popolazioni nella guerra di liberazione; la scelta della lotta armata.
Tali guerre di liberazione si svilupparono in concomitanza con l’emergere nel continente di altri regimi a opzione socialista, fondati sulla creazione di partiti unici e su un forte intervento dello Stato nell’economia e nell’inquadramento statale. Questi paesi diedero vita ad un blocco di paesi africani che entrò in stretto contatto con l’Unione Sovietica, intensificando lo scontro Est-Ovest nel Continente e indebolendo inoltre il progetto di organizzazione continentale.
In realtà, le indipendenze africane mostrarono risultati molto deludenti sia per quanto riguarda la partecipazione politica e la ricerca del consenso sia per lo sviluppo dell’economia e dell’uguaglianza sociale.

In questo scenario si affermarono negli anni ’90 i movimenti politici che esprimevano forme di nazionalismo e di regionalismo che rivendicano forme di autonomia regionale, il diritto alla secessione o all’indipendenza, alcuni di questi si fecero anche portavoce delle lotte per la redistribuzione delle scarse risorse e per il raggiungimento di forme diverse di democrazia e partecipazione. Ciò determinò l’intensificarsi della violenza armata e della lotta politica e il conseguente indebolimento delle strutture istituzionali dello Stato-nazione. Nacquero così Stati deboli che non riuscivano più ad assicurare alla maggioranza dei cittadini un lavoro, i servizi sociali, la pace, la sicurezza, il controllo dell’economia; dilagarono quindi la corruzione e il malgoverno.
Gli stati postcoloniali erano basati sull’obbedienza, sul management dell’economia e caratterizzati dalla fragilità istituzionale, dall’assenza di legittimazione e di senso d’appartenenza.
Tra la fine degli anni ’80 e gli inizi del 2000 si accumularono nel continente africano pressioni economiche e politiche, in particolare intorno alle concentrazioni di risorse minerarie (diamanti, coltan, petrolio) alle zone di più forte indigenza, marginalità e discriminazione (Corno d’Africa, Dar Fur, Etiopia , Eritrea) o di più consolidate appartenenze di tipo religioso (scontro Islam-Cristianità a sud del Sudan ) o etnico (scontro tra Hutu e Tutsi nel Ruanda; tra popolazioni ruandesi-nilotiche e popolazioni bantu nel Congo orientale; tra popolazioni semitiche e cuscitiche in Etiopia).
Le radici dei problemi dell’Africa contemporanea vanno quindi ricercati nell’eredità che il periodo coloniale lasciò, sia dal punto di vista economico sia da quello politico e sociale.
Il periodo coloniale ha distrutto le basi per un’economia africana autosufficiente, inoltre le leggi del mercato mondiale contribuiscono al paradosso per cui l’Africa esporta ricchezze e diventa sempre più povera. Dal punto di vista politico si sono affermate nuove dittature che vogliono costruire una nazione senza però tenere in considerazioni le differenze etniche che ancora esistono nei vari paesi africani. I rapporti sociali restano quindi più tesi e drammatici e le vicende degli ultimi anni ne sono una dimostrazione: il genocidio in Ruanda, la crisi nel Corno d’Africa e l’emergenza nel Darfur, senza considerare lo sfruttamento della popolazione e del territorio da parte delle multinazionali che generano ulteriori tensioni.
AMICI di BEDANDA
venerdì 1 aprile 2011
BASTA GUERRA IN AFRICA........."PACE"
Costa d’Avorio, guerra civile e crisi umanitaria. Disperata
Nel silenzio occidentale la crisi in Costa d’Avorio si fa ogni giorno peggiore. Gli scontri si susseguono dal novembre 2010, quando il presidente uscente Laurent Gbagbo non ha voluto riconoscere il vincitore Alassane Ouattara, scatenando una vera e propria guerra civile.
Da allora la situazione del già povero paese africano peggiora senza sosta. Il reportage di Repubblica da Abidjab racconta di una città presidiata dai carri armati, “tra incendi, macerie e cadaveri abbandonati”.
Gli sfollati sono centinaia. La situazione è così grave che persino l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha annunciato di aver dovuto ritirare il personale internazionale in alcune città.
La guerriglia civile mette sotto pressione anche i mercati internazionali del cacao, di cui la Costa d’Avorio è il primo produttore al mondo, e di cui Ggabo sta tentando di prendere il controllo.
Terre des Hommes distribuisce beni di prima necessità messi a disposizione dall’Unicef, dando da mangiare a quasi 2500 persone. Biscotti ad alto contenuto energetico, pannolini per i bambini, pastiglie di cloro per rendere potabile l’acqua, sapone, bidoni e secchi per l’acqua, bidoni per la spazzatura, corde per stendere panni, stuoie per dormire, tessuti e volantini con le norme igieniche.
Oltre ai beni di prima necessità, ricorda Repubblica, Terre des Hommes fornisce dal 2006 sostegno psicosociale ai bambini delle bidonville di Abidjan, e insieme alle suore missionarie di Maria Teresa del Bambin Gesù di Koomassi, offre attività ludico-didattiche per contrastare l’abbandono scolastico e servizi sanitari di base.
Nel nord del Paese l’organizzazione sta portando avanti un programma di sostegno al sistema sanitario pubblico nella regione dello Zanzan, dove nel 2002 si sono svolti i più cruenti scontri della guerra civile. In particolare l’intervento è rivolto alle donne incinte e ai neonati, per contrastare le morti per parto e la mortalità infantile.
Basta guerra in Africa, questo continente merita la pace e il cammino verso il progresso......cessate il fuoco !!!!
amici di Bedanda
domenica 13 marzo 2011
LA STORIA DELL'AFRICA CONTINUA
idioti nel mondo

Un giorno. tre idioti che erano stati cacciati via da un villaggio per colpa dei loro pettegolezzi, si ritrovarono ad un crocevia e dissero: «Forse arriveremo a qualche cosa di utile se riuniremo l’intelligenza di tre teste stupide». E proseguirono il loro cammino insieme: dopo un certo tempo, arrivarono davanti a una capanna dalla quale uscì un vecchio uomo che disse loro: «Dove andate?». Gli idioti alzarono le spalle e risposero: «Dove

E al secondo:
«Vai nel bosco e porta un masso legato con treccine di corde!»
Poi al terzo:
«E tu portami delle noci di cocco!»
Gli idioti presero un recipiente ciascuno, un’ascia e un bastone e si misero in strada. Il primo si fermò vicino al mare e si mise a pescare. Quando il suo recipiente fu pieno, ebbe di colpo sete; ributtò tutto il pesce in acqua e tornò a casa a bere. Il vecchio gli domandò: «Dove sono i pesci?». Egli rispose: «Li ho rimessi nell’acqua. Mi ha preso la sete e sono ritornato veloce a casa per bere. Il vecchio si arrabbiò: «E non potevi bere al mare?» gli chiese. L’idiota rispose: «Non ci ho pensato…»

Il terzo idiota montò sulla palma da cocco, mostrò alle noci dl cocco il suo bastone e disse: «Tu devi buttare a terra queste noci di cocco, hai capito?» Scese e cominciò a lanciare il bastone sul cocco. Ma non fece cadere nessuna noce. Anche lui ritornò a casa a mani vuote.
E una volta ancora il vecchia si arrabbiò: «Poiché tu eri sul cocco, perché non hai colto il frutto con le mani?». Egli rispose: «Non ci ho pensato…».
Il vecchio seppe che non avrebbe combinato niente di buono con quei tre scemi.
Gli diede in moglie le sue tre figlie e li cacciò via tutti quanti.
Gli idioti e le loro mogli costruirono una capanna e vi vissero bene e male.
Ebbero figli tanto stupidi quanto erano loro, le capanne si moltiplicarono e gli idioti si disseminarono in tutto il mondo.
amici di Bedanda
mercoledì 2 marzo 2011
.............RACCONTI DALLA GUINEA BISSAU
GUINEA BISSAU - venerdì 21 gennaio 2011
Serata sulla GUINEA BISSAU
Responsabile di un’azienda agricola che coltiva circa duecento ettari di terra. Un lavoro in apparenza come tanti altri quello di Diego Mamasamba Baldè, tra i protagonisti assoluti della serata di promozione umana e sociale in programma il prossimo 21 gennaio, con inizio alle ore 20.30, presso il nuovo centro culturale (ex Municipio) di Zevio.
“Ma la mia storia, come le altre che verranno raccontate, vale la pena di ascoltarla”, assicura lui, giovane ragazzotto africano di trentatré anni dallo sguardo già profondo e maturo.
“Ma la mia storia, come le altre che verranno raccontate, vale la pena di ascoltarla”, assicura lui, giovane ragazzotto africano di trentatré anni dallo sguardo già profondo e maturo.
E c’è da crederci. Il tema dell’incontro tratta, infatti, il filo diretto di aiuto che corre tra Zevio e la Guinea Bissau, stato dell’Africa occidentale e continentale ancor oggi nella lista dei venti paesi più poveri al mondo. Un rapporto di solidarietà nato nel 2007 grazie al gemellaggio con Bafatà e sostenuto attraverso i contributi che la cittadinanza offre mensilmente per la realizzazione di case per i missionari, come Padre Luca e Padre Lucio che da sei anni vivono là, e per aiuti concreti alla popolazione autoctona.
“E la presenza di Diego in Italia, arrivato per cure mediche, offre una possibilità unica, a tutti coloro che sono interessati, per rendersi conto dell’utilità dei finanziamenti alle missioni e per capire l’immensa necessità strutturale”, spiega Gianni Longo della Pro Loco, che assieme alla presidente Alessandra Morini, ha promosso l’iniziativa. Ed è lo stesso Longo ad entrare nei dettagli, in quanto elettricista volontario in varie missioni. “Il progetto si è in effetti espanso”, ci rivela, “grazie all’associazione Rete Guinea Bissau, nata dieci anni fa dal compianto Vescovo Settimio Ferrazzetta, che mi ha contattato per installare un impianto fotovoltaico alla fabbrica di anacardi e per la coltivazione di cajù di Diego, così da renderla autonoma senza eccessive spese di gasolio”.
Anacardi? “Anacardi, certo”, riprende la voce Mamasamba, sposato e padre di tre figli, “un prodotto che riusciamo a esportare verso l’Italia, anche per merito di cooperative di consumo come La Tabanka (in italiano, il villaggio, n.d.r.) di San Martino Buon Albergo”.
La sua, ora lo si può dire, è un’azienda speciale. “Per molti motivi è importante ricordarla”, asserisce Sergio Dal Medico, promotore per il sostegno alla Guinea Bissau e a San Francisco della Foresta, dove si trova la ditta, “in primo luogo dà lavoro fisso a cinquanta persone e a duecento stagionali nel periodo della raccolta e, soprattutto, è il risultato evidente dell’opera di uni missionario importante come Vittorio Bicego, scomparso già nel 1998”.
Di Vittorio Bicego si parlerà durante la serata informativa, con la proiezione di un filmato aggiunto ad alcune testimonianze. Originario di Valdagno, si è dedicato, per diciannove anni e fino alla sua prematura morte, allo sviluppo di diverse missioni su tutto il territorio guineiano.
Insignito nel 1982 con il Premio alla Bontà dal Comune di Valdagno,è considerato da Diego Mamasamba Baldè più di un padre, in quanto lo “adottò” quando quest’ultimo era un bambino abbandonato e senza futuro certo.
“Mi ha fatto diventare un uomo”, ricorda Diego nelle pagine del libro “Lettere dall’Africa”, che raccoglie i racconti del missionario, “e oggi, dopo molto tempo, tantissime persone delle tabanke parlano di lui con le lacrime agli occhi”. Una lunga catena di aiuti, onorata e approfondita nell’evento del ventuno gennaio prossimo, attraverso la storia e l’esposizione di prodotti tipici, con tutti gli zeviani invitati a presenziare.
Anacardi? “Anacardi, certo”, riprende la voce Mamasamba, sposato e padre di tre figli, “un prodotto che riusciamo a esportare verso l’Italia, anche per merito di cooperative di consumo come La Tabanka (in italiano, il villaggio, n.d.r.) di San Martino Buon Albergo”.
La sua, ora lo si può dire, è un’azienda speciale. “Per molti motivi è importante ricordarla”, asserisce Sergio Dal Medico, promotore per il sostegno alla Guinea Bissau e a San Francisco della Foresta, dove si trova la ditta, “in primo luogo dà lavoro fisso a cinquanta persone e a duecento stagionali nel periodo della raccolta e, soprattutto, è il risultato evidente dell’opera di uni missionario importante come Vittorio Bicego, scomparso già nel 1998”.
Di Vittorio Bicego si parlerà durante la serata informativa, con la proiezione di un filmato aggiunto ad alcune testimonianze. Originario di Valdagno, si è dedicato, per diciannove anni e fino alla sua prematura morte, allo sviluppo di diverse missioni su tutto il territorio guineiano.
Insignito nel 1982 con il Premio alla Bontà dal Comune di Valdagno,è considerato da Diego Mamasamba Baldè più di un padre, in quanto lo “adottò” quando quest’ultimo era un bambino abbandonato e senza futuro certo.
“Mi ha fatto diventare un uomo”, ricorda Diego nelle pagine del libro “Lettere dall’Africa”, che raccoglie i racconti del missionario, “e oggi, dopo molto tempo, tantissime persone delle tabanke parlano di lui con le lacrime agli occhi”. Una lunga catena di aiuti, onorata e approfondita nell’evento del ventuno gennaio prossimo, attraverso la storia e l’esposizione di prodotti tipici, con tutti gli zeviani invitati a presenziare.
Perché insieme si può. O, per dirlo in lingua locale, djitu ten. ...................Francesco Salvoro
amici di Bedanda
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