mercoledì 26 gennaio 2011

LA GUINEA BISSAU..............

LA REPUBBLICA DELLA GUINEA BISSAU




LA REPUBBLICA DELLA GUINEA BISSAU
E' TRA I PAESI PIU' POVERI DELLA TERRA
ED E’ CONSIDERATO DALL’O.N.U. QUARTO MONDO.

La sua travagliata storia ha sepolto le aspettative di un futuro degno di essere vissuto. Lo sfruttamento delle risorse umane ha profondamente segnato la crescita fisiologica di questa popolazione che, oppressa dalla schiavitù, non è stata in grado di progredire ed avere una stabilità economica, politica e amministrativa.
La Repubblica della Guinea Bissau è una Nazione disperatamente povera e al collasso.
La precarietà nutrizionale, che si traduce in un deficit alimentare, è crescente. Il fenomeno di un pasto quotidiano, forse è una delle manifestazioni più visibili della povertà in Guinea Bissau, tanto nel mondo rurale, quanto nei centri urbani.
Attualmente questa nazione si trova a dover affrontare enormi problemi che le impediscono di essere un Paese autosufficiente.
La sua economia è alquanto deficitaria tanto da ostacolarne prepotentemente uno sviluppo durabile.
Gli scambi commerciali interni sono esigui a causa di una pressoché inesistente circolazione di denaro, in molte zone , infatti, vige ancora l’uso del baratto!
L’agricoltura si basa su una tecnologia insussistente e viene attuata con mezzi a dir poco rudimentali. Il prodotto ottenuto non copre nemmeno il fabbisogno alimentare interno, anche se , ben il 90% della popolazione è dedita a quest’attività.
Anche la pesca e l'allevamento sono concepite con una dinamica del piccolo scambio o comunque per una dimensione famigliare. La mancanza di comunicazioni efficienti sembra isolare la Guinea Bissau da tutti i principali circuiti di interazione e commercio con l'Estero. Il dominio coloniale ha impostato verso attività funzionali per i propri interessi, la già debole economia guineense minando i fragili equilibri di produzione di questo Paese e condannandolo ad una condizione di sottosviluppo.
L'esplosione demografica, non sorrettta da un'agricoltura sufficientemente produttiva, l'instabilità politica, l'irrazionale gestione delle risorse interne e degli investimenti stranieri, hanno oltremodo ostacolato la crescita di questa Nazione.
Questi problemi hanno obbligato la Guinea Bissau a dipendere dall'aiuto finanziario e tecnico dei Paesi industrializzati, aumentando il proprio debito con l'Estero.
In realtà la Guinea Bissau richiama la situazione di molte Nazioni dell'Africa che vivono in bilico tra l'eredità di un passato coloniale e l'amara realtà del presente con le sue incertezze e la sua totale precarietà senza trovare il giusto orientamento verso uno sviluppo economico e sociale adeguato.

Un abbraccio a tutte le suore francescane di Cristo Re di Venezia sparse in tutto il mondo..........
il nostro "GRAZIE di ESISTERE"

                                                                                                 AMICI di BEDANDA

sabato 22 gennaio 2011

STORIE D'AFRICA

Roberto al lebbrosario di Adzopé

Roberto al lebbrosario di Adzopé: Una semplice lezione di vita.

Roberto Buzio di Omegna, sposato con una ivoriana, alla fine del 2008 ha trascorso 10 giorni indimenticabili con P. Francesco Arnolfo, P. Gino Sanavio presso i malati dell’Istituto Raoul Follereau d’ Adzopé in Costa d’Avorio. Ci rilascia la sua testimonianza.

Ricorderò sempre la piccola Letizia di 5 anni, lontana da casa da parecchi mesi e in attesa di visite (la sua famiglia abita a Sassandra a circa 400 km!), sempre con il sorriso sulle labbra nonostante le sue piccole stampelle rosse.

Il piccolo Angelò ricoverato al blocco operatorio, assistito tutto il giorno dalle sue sorelline (la più grande avrà avuto forse 10 anni!), poiché i genitori erano al lavoro. Le due gemelline Déborah e Eve obbligate a condividere la vita del Lebbrosario “per colpa” della loro madre ricoverata. Josiane, 12 anni, che ha abbandonato la scuola per prendersi cura di sua mamma. Ho ricevuto molto da loro. Bastava alzare una mano per salutarli e vedere ricambiato il tuo saluto con un gran sorriso, anche da chi non ti ha mai visto prima. Indimenticabile.

Altro momento indimenticabile è stato il giorno della festa di Cristo Re dell’Universo; prima la messa celebrata da P. Francesco e da P. Gino, dove anche il malato più deturpato dalla malattia, con mille sforzi, si inginocchiava dinnanzi alla croce e ringraziava con tutto il suo cuore il Signore!. Poi la processione per le vie del Lebbrosario, tra un reparto e l’altro, a portare la benedizione a chi non poteva alzarsi dal letto, ascoltando i canti e i suoni di gioia e di ringraziamento degli abitanti del villaggio Duquesne-Cremone, annesso all’Istituto.

Ricordo la mia commozione quando la mattina della mia partenza Suor Redenta mi ha “invitato” a salutare per l’ultima volta i bambini all’interno della loro scuola. Mi hanno regalato una lettera di ringraziamento con tutti i loro nomi, che custodirò per sempre e che mi servirà per affrontare momenti e/o situazioni di difficoltà. Mi rimarrà nel cuore la frase con cui Franckel mi ha salutato: “Dio ha visto cosa hai fatto per i bambini in questi giorni , e non lo dimenticherà!”.

L'11 febbraio 2009 ho fondato, con mio padre, mio fratello, e una decina di amici tra cui Don Domenico Piatti, amico di padre Silvano Galli una Onlus. L'ho chiamata "LE PAGNE DE LETIZIA".
                                                                       

Cosa sta a significare?
Letizia è la piccola malata a cui mi sono più affezionato durante il mio soggiorno al lebbrosario; come si vede dalla foto, porta un vestitino che le ho comprato al mercato coperto di Adzope e in testa un fazzoletto, ricavato dal pagne che comprai allo stesso mercato per mia madre. Lei e gli altri bambini hanno voluto che io tagliassi il pagne a fazzoletti, o meglio a forma di bandana, per ricordarsi di me e viceversa. Detto e fatto. Il giorno della mia partenza si sono presentati tutti con in testa la loro bandana e la scena mi ha talmente emozionato e mi è entrata dritta al cuore. Da li è nato tutto.
Storie d'Africa e dei suoi missionari

                                                   amici di Bedanda

giovedì 20 gennaio 2011

25° ANNI A BEDANDA

SONO TRASCORSI 25 ANNI QUANDO LE SUORE FRANCESCANE DI CRISTO RE DI VENEZIA INTRAPRESERO LA VIA DELLA GUINEA BISSAU, UN PICCOLO PAESE DELL'AFRICA EQUATORIALE
NEI CENTRI DI BEDANDA E BRA' QUESTE SUORE HANNO FATTO UN GRANDISSIMO LAVORO, AIUTANDO LA GENTE DEL POSTO E GARANTENDO A TUTTI UNA VITA DIGNITOSA
IL LORO AMORE E SACRIFICIO VA RICONOSCIUTO !!!!!
NOI VOLONTARI LAICI AVVICINATI DA QUESTE GRANDISSIME ESPERIENZE CERCHEREMO IN OGNI MODO DI CONTRIBUIRE AL GRANDE LAVORO DI QUESTE RELIGIOSE CON LA
CONSAPEVOLEZZA CHE I LORO OBIETTIVI DOVRANNO REALIZZARSI.
IL GRUPPO DI TUTTE QUESTE PERSONE E' DENOMINATO:

                                                     "CERCU IABRI"
                                       SUORE FRANCESCANE DI CRISTO RE
                                                     BEDANDA-BRA'
                                                     GUINEA BISSAU

                     OGGI METTIAMO DELLE FOTO DEL PASSATO, CON LA SPERANZA DI UN GRANDE FUTURO







                                                 amici di Bedanda

martedì 18 gennaio 2011

LETTERA DI SUOR ALMA CHIARA

Bedanda-GuineaBissauPace e bene nel Cristo glorificato!!
Bedanda 20/08/2009
Miei carissimi amici del gruppo Missionario P. Sergio, prendo un poco del mio tempo per raggiungervi con le mie notizie. Anzitutto un sentito e riconoscente ringraziamento per l'ultima offerta che ci avete inviato, il Signore Dio datore di ogni bene vi ricompensi con le sue grazie divine. I soldi li abbiamo messi subito in funzione mediante un progettino di pesca per dare possibilità ai ragazzi di aiutare la famiglia, ed una parte per supplire alla mancanza di riso di alcune famiglie più povere. Ora alcune notizie di "Tabanca" villaggio...

A Bedanda mi sento a casa, ringrazio il Signore per la salute e la disponibilità che mi dona nei confronti di questi fratelli: con loro prego e soffro, condivido gioie e dolori, sacrifici e piccole soddisfazioni, amore espresso in gesti caritativi, cerchiamo di dare vita al Vangelo di Gesù. In questo tempo di vacanze che corrisponde al tempo delle piogge, tutti sono molto impegnati nei lavori delle risaie e dei campi. Al Signore chiediamo abbondante pioggia, per ottenere un buon raccolto, sufficiente alla sopravvivenza.
I ragazzi che studiano fuori sono ritornati per aiutare i genitori nei lavori dei campi, con loro Bedanda ha preso nuova vitalità. Sono giovani vivaci impegnati nel bene, la domenica è una vera festa, animano la S.Messa con devozione e solennità, fanno tornei di calcio, piccoli servizi di volontariato, chiedono incontri formativi per saziare il desiderio di sapere... al mattino un piccolo gruppetto viene a pregare le lodi con noi. L'altro giorno sotto una pioggia torrenziale hanno pulito tutta la piazza di Bedanda, si sono organizzati per la pulizia della chiesa e della sala dove fanno gli incontri... Per tutto questo, siamo grate al Signore e lo lodiamo, riconoscenti per questi piccoli passi di un popolo sfruttato, sofferente che vive ancora nella lotta di sopravvivenza. Concludo con la richiesta di preghiere, affinchè il Signore ci incontri disponibili alla sua volontà e a glorificarlo con la vita.
Anche noi promettiamo la nostra preghiera... Saluto con riconoscenza, simpatia e affetto
Sr. Alma Chiara
 
SALUTIAMO LE VOLONTARIE BARBARA E PINA CHE SI TROVANO A BEDANDA IN QUESTO MOMENTO PER PORTARE UN PO' DI CONFORTO AGLI ABITANTI DEL POSTO......UN SALUTO ALLE SUORE FRANCESCANE PRESENTI
 
                                                                                            amici di Bedanda

mercoledì 12 gennaio 2011

VIAGGI IN AFRICA

L'inizio del viaggio

Una partenza carica di emozioni e sentimenti senza suppellettili a seguito. Due piedi leggeri pronti a gettarsi in nuove avventure, lasciando una parte di sè tra la terra rossa e il sole.
 
Antonio Esperi (Casco Bianco in Burkina Faso)
Fonte: Caschi Bianchi Focsiv - 25 ottobre 2010
Burkina Faso, donne. Foto di Antonio Esperi 2010. Burkina Faso, donne
 
Sono arrivato in Africa a meta dicembre, ormai sono nove mesi che vivo a Bobo Dioulasso, in Burkina Faso. L'aereo era partito da Venezia per trovare la corrispondenza a Parigi. L'aereo era pieno, un mix multietnico ben stipato. Partivo con delle condizioni meteo pessime, era più di una settimana che pioveva e le temperature erano basse. Per ammazzare il tempo ho approfittato dello schermo sul sedile dove guardare qualche film e di un libro per leggere un po'.

Pochi mesi prima della mia esperienza africana avevo lavorato in Islanda, ero curioso di vivere lo “sbalzo” tra la cima e la coda della classifica dell'ufficio statistico del Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite. Nel report, infatti, l'Islanda si posiziona al terzo posto, mentre il Burkina Faso staziona al 177simo. Dall'isola dove la natura regna sovrana (geyser e vulcani), alla culla dell'umanità.
Una volta atterrato ho atteso che il velivolo si svuotasse di tutti i suoi ospiti, ero seduto in fondo, vicino alla coda. Nel momento in cui ho messo il piede fuori dall'aereo ho capito che il mio abbigliamento non era adatto alle temperature locali, scarponi, jeans camicia e maglioncino erano decisamente troppo! Aiuto, c'erano una trentina di gradi ad accogliermi. Era notte e non si vedeva nulla se non i punti di illuminazione attorno alla pista. Prendo la navetta, un autobus “France au revoir”, recuperata da qualche aeroporto d'oltralpe. Il tragitto è breve. Incontro il banco visti, essendone provvisto, avanzo, passo al controllo delle vaccinazioni per la febbre gialla (nei paesi dell'Africa Occidentale è obbligatoria). Inizia cosi il “calvario” per passare il controllo del passaporto, non ricordo quanto ci ho messo. I minuti passavano e la massa di persone in attesa si accalcava ai diversi banchi del controllo. Arrivato, consegnato passaporto e cartoncino in cui si indicavano tutti i dati della permanenza nel paese, passo. Accedo a un secondo stanzone, anche questo fatto di cemento grezzo con cavi elettrici in vista, neon bianchi, serramenti mancanti e niente pavimento. Un gran magazzino in costruzione, al grezzo, con un tetto di lamiera a proteggere i passeggeri dalle intemperie. Alla mia destra una lunga fila di bagagli, valigie, zaini, sacchi, allineati in attesa che il proprietario si riprenda cura di loro. Bisogna dire che questi disguidi sono dovuti al rifacimento dell'aeroporto. L'aeroporto internazionale di Ouagadouglou è in ristrutturazione da un paio d'anni e quindi ci si deve adattare.
 Burkina Faso, pescatore di lago. Foto di Antonio Esperi 2010. Burkina Faso, pescatore di lago.
Un paese nuovo da scoprire, vivere. Una realtà lontana da tutto ciò che avevo precedentemente vissuto e che non ha mai smesso di sorprendermi e contraddirmi. Questi mesi mi hanno dato molto e sono sicuro che ogni giorno avrà qualcosa di sorprendente fino all'ultimo giorno. Oramai prossimo alla partenza sono carico di emozioni e sentimenti senza suppellettili a seguito. Due piedi leggeri pronti a gettarsi in nuove avventure, lasciando una parte di me tra la terra rossa e il sole.

                                             amici di Bedanda

martedì 11 gennaio 2011

...........PRONTI PER L'ESPERIENZA A BEDANDA

Carissim amici
alcuni volontari sono partiti domenica scorsa per la Guinea Bissau, il 16 gennaio partiranno infermieri e medici per la missione di Bedanda, con l'occasione vogliamo tutti coloro che attraverso il nostro appello hanno contribuito per far iniziare i progetti della Missione.
Siete stati splendidi e speriamo che con questo semplicissimo blog il nostro "CERCU IABRI" (il cerchio si allarga) diventi sempre più numeroso.
Auguriamo ai nostri volontari in partenza una felicissima esperienza e che il soggiorno in Bedanda con le nostre suore missionarie sia di grande aiuto spirituale.

                                                     amici di Bedanda

domenica 9 gennaio 2011

STORIE D'AFRICA.....................

La scimmia, saggio giudice



C’era una volta un sarto che cuciva dei vestiti con l’erba che cresceva in un prato; a quei tempi la scimmia era un giudice molto saggio. Un giorno, il sarto si presentò davanti alla scimmia e le disse:
«Ahimè, il topo ha mangiato il mio vestito fatta con l’erba!»
La scimmia convocò il topo, ma quest’ultimo negò tutto. 
«Non sono stato io», rispose. «È il gatto che ha mangiato il vestito del sarto.»
La scimmia fece chiamare il gatto, che alla domanda della scimmia rispose:
«Non sono stato io. È il cane che ha mangiata il vestito del sarto.»
Ma anche il cane negò tutto.
«È il bastone che ha strappato il vestito del sarto.»
Il bastone si difese:
«Non sono stato io, è il fuoco che ha bruciato il vestito del sarto».
E il fuoco:
«È l’acqua che ha portato via il vestito del sarto».
E l’acqua:
È l’elefante che ha divorato il vestito del sarto.
L’elefante negò tutto:
«La formica ha mangiato il vestito del sarto». 
La formica scosse la testa:
«Non so di che cosa si tratti. Sono un po’ dura d’orecchi». 
La scimmia gridò nel suo orecchio: «Il sarto qui presente si lamenta che tu hai mangiato il sua vestito d’erba!
«Ma no!»rispose. «È il topo che l’ha mangiato.»
E il topo: «È il gatto che l’ha mangiato!»
È il cane, è…
È il bastone che l’ha strappato 
È il fuoco che l’ha bruciato 
È l’acqua che l’ha portato via 
È l’elefante che l’ha divorato 
È la formica che l’ha mangiato 
Ma la formica scosse la testa:
«Non capisco nessuna delle parole che dite. Sono dura d’orecchio».
La scimmia si arrabbiò. Cacciò via la formica, l’elefante, l’acqua, il fuoco, il bastone.
Da quel giorno, la formica pizzica l’elefante, l’elefante beve l’acqua, l’acqua spegne il fuoco, il fuoco consuma il bastone, il bastone picchia il cane, il cane caccia il gatto e il gatto il topo. Il sarto non smette mai di lamentarsi e tutto ciò per colpa della scimmia, il giudice.
La scimmia impiega il suo tempo a fuggire. Ha molto paura di essere ancora nominata giudice.


                                                                             amici Bedanda

giovedì 6 gennaio 2011

RACCONTI D'AFRICA.....................

In Africa Nera si parla molto della bella e incredibile guerriera Yennega. Per capire certi avvenimenti storici in Africa bisogna fare molte concessioni alla leggenda. Spesso nelle società senza scrittura, come è stato a lungo per le società africane, storia e leggenda sono intimamente legate. L’epopea di Yennega, l’antenata emblematica dei Mosse (Mossi) è un perfetto esempio. Ecco la sua storia. 
Una figlia del re di Gambaga (a Nord del Ghana di oggi), Yennega, aveva superato l’età della pubertà senza che suo padre si occupasse di farla sposare perché si diceva che fosse una amazzone dl qualità da cui il padre non voleva separarsi. Yennega decise di dare una lezione a suo padre: piantò davanti al palazzo reale un campo di gombo. Il re di Gambaga le chiese il motivo e lei rispose: «Come trovi il gombo invecchiato?».
Il padre non si arrabbiava mai, ma continuava a non occuparsi del suo matrimonio. Yennega ebbe allora rapporti con un uomo e rimase incinta. Suo padre, informato della situazione, cercò un mezzo per vendicarsi di lei: promise nientemeno che di ucciderla. 
La principessa, avuto sentore delle intenzioni di suo padre, prese un cavallo e fuggì dalla casa paterna, seguita da molte persone. La corsa a cavallo provocò alla principessa un aborto. Continuò però la strada intrapresa, sempre con i suoi fedeli; Yennega raggiunse così la regione attuale di Yanga, allora abitata dai Bissa chiamati ancora Bussanse. Yennega si fermò nella boscaglia davanti a una casa che credeva solitaria e abbandonata, ma che in realtà era una delle dimore di un cacciatore di elefanti chiamato Rialé, un principe Malinké per gli alcuni, un Bissa per altri. 
Quando quest’ultimo ritornò dalla caccia riservò una buona accoglienza a questo “potente straniero”, cioè a Yennega: la principessa era infatti vestita come un uomo e dava ordini come un re ai suoi fedeli; era molto difficile immaginare il suo sesso. 
Un giorno Yennega confidò il sua segreto a Rialé dicendogli che era la figlia del re di Gambaga. Poi si offrì a Rialé e il loro matrimonio venne solennemente celebrato. Da questa unione nacque un figlio. Rialé voleva dargli un nome, ma fu Yennega a sceglierlo e nominò il bambino Ouedrago (letteralmente, cavallo) in ricordo del cavallo con il quale era fuggita dal domicilio paterno. 
Quando Ouedrago raggiunse i 15 anni, sua madre lo mandò a visitare il nonno a Gambaga. Si dice che quest’ultimo riempisse di ricchezze il suo piccolo nipotino (gli  diede tra l’altro quattro cavalli e una cinquantina di mucche). Il paese dei Dagomba era a quell’epoca sovrappopolato. Quando Ouedrago ripartì da Gambaga, molti Dagomba se ne andarono con lui, attratti dalle sue fortune. Egli formò con queste persone una banda, in un posto abbandonato al suo arrivo dai Bissa, un villaggio che nominò Tankourou (attualmente Tenkadago, letteralmente vecchio paese). Da allora, la sua potenza non fece che aumentare: continuarono ad arrivare a migliaia i Dagomba, attratti dalla sua autorevolezza. 
Ouedrago e i suoi cavalieri Dagomba sposarono alcune donne Bissa e le loro unioni diedero origine a un nuova popolo, i Mossé o Mossi. È così che Ouedrago fu considerato come l’antenato dei Mossi e sua madre Yennega come la loro nonna. 
A proposito dell’epopea di quest’ultima, molti aspetti rimangano ancora poco chiari agli studiosi delle tradizioni e della storia. Così, il motivo della partenza della principessa dalla casa paterna è diverso da quello spiegato dalla tradizione. Si tratterebbe di un motivo dinastico. Il re di Gambaga, non avendo avuto un maschio per la sua successione, mise tutto il suo cuore su Yennega e la educò come un maschio. Le insegnò il mestiere delle armi, a cavalcare, a combattere come un uomo. Yennaga  divenne un cavaliere potente e condusse le truppe del padre su tutti i fronti dl battaglia. In combattimento, il suo arco era munito di due frecce: una che mirava al suo avversario, l’altra al suo cavallo. Era diventata il terrore dei nemici dei Dagomba. Tutti la immaginavano, un giorno, sostituta del padre sul trono. Ma i suoi cugini,  gelosi del suo prestigio, decisero di liberarsene. Nel corso di una battaglia drogarono i cavalli della principessa, l’animale si perse nella foresta, Yennega e i suoi guerrieri persero a loro volta l’orientamento ed è in quel momento che Yennega incontrò Rialé  nella foresta di Bitou. 
Molti punti di vista divergono anche sulle circostanze del luogo della sua morte. Per Delafosse, Rialé e sua moglie vissero per lunghi anni a Bitou dove Yennega morì. Il suo corpo fu trasportato a Gambaga dove fu sepolta. La sua tomba diventò oggetto di venerazione e di pellegrinaggio per i sovrani dei Mossi fino a epoca recente; alla morte di ogni Naba, da Ouagadougou veniva inviato a Gambaga uno dei suoi cavalli e una delle sue mogli per essere sacrificati a Yennega.
I guardiani delle tradizioni della corte di Tenkodogo affermano invece che Yennega ritornò a Gambaga dopo la nascita di Ouedrago, lì aveva regnato e lì era morta.
L’unico punto di intesa è la discendenza di Yennega. Ouedrago fu grande nella tradizione guerriera dalla sua popolazione, poi si lanciò alla conquista di uno spazio vitale per lui e per le sue truppe e così fu fondato il regno di Tenkadoga. Fu allora che il figlio di Yennega divenne il capostipite dei Massi; i suoi figli e suoi nipoti andarono a  loro volta a conquistare altri regni che rimasero saldamente uniti anche se ognuno di loro aveva una grande autonomia. 
Fra i molti figli di Ouedrago, la storia ne ricorda tre: Zoungourana, Raoua e Diaba. A ciascuno di loro era demandato il comando di una delle province di un impero nascente: Zoungourana ricevette il comando dell’ovest,  Raoua quello del nord e Diaba quello dell’est. Fu l’origine dei tre Stati di Ouagadougou, di Ouahigouya e di Fadan-Gourma.
Dalla leggenda si possono ricavare molti degli insegnamenti dell’epopea di Yennega. Prima di tutto, i Mossi non hanno sempre occupato il paese dove sono oggi. Provengono probabilmente dal nord dell’attuale Ghana. 
Le donne occupavano a quell’epoca un posto non trascurabile nella società. Yennega non fu un caso particolare. Altre donne hanno illustrato la storia dei Mossi. Tale Pugtwenga (la donna barbuta) fu la madre di Naba Oubri, che fu una consigliera molto ascoltata; la principessa Pabré nel XIV secolo fu un’artista della fondazione di Yatenga. Un’altra donna liberò lo Yatenga dal dispotismo dei Naba Kaongo nel XVII secolo. Nelle guerre le donne parteciparono alle battaglie. Esse accompagnarono i guerrieri, gli eserciti e avevano come missione di uccidere i feriti del campo nemico. 
Yennega appare in questa epopea come il simbolo della rivolta contro l’autorità paterna, avendo superato i divieti che limitavano la libertà delle donne. I regni costituiti si caratterizzarono per la tolleranza, quella stessa che Yennega aveva imposto al proprio padre. E alle popolazioni conquistate fu lasciata la loro identità culturale, con diritti pari a quelli scritti nella Dichiarazione dei Diritti dell’uomo che i Mossi hanno chiamato il Burkindlum. Colui che ne fruiva era un Burkina, cioè un uomo libero. 
E Yennaga fu la prima Burkina.

                                                                 amici di Bedanda